Inside Art Anno 7 Numero 67 luglio-agosto 2010
L’opera d’arte è frutto di un viaggio verso nuovi mondi
L'isola è fin dai tempi di Omero il simbolo per eccellenza della terra d’origine e del ritorno a casa. La terra d’origine – certamente idealizzata – è in genere il paradiso personale vagheggiato da colui che se ne è allontanato. Le isole come significanti sono luoghi ideali, immaginari. Al tempo stesso le loro caratteristiche proprie fanno di esse un concetto concreto e universalmente comprensibile, che le conosciamo o meno. Essendo chiaramente delineate, appaiono come piccoli mondi autosufficienti; ma i limiti chiari non sono necessariamente confini, perché la loro vicinanza ad altri luoghi implica transazioni che le rendono meno indipendenti e facilmente raggiungibili. Le isole sono posti che si trovano in mondi meno statici e più fluidi come il mare o persino lo spazio, dal momento che i corpi celesti possono essere assimilati a isole e viceversa. L’accesso a esse è inoltre difficile e può essere privato o persino segreto, riservato a viaggiatori, proprietari, abitanti e a qualche visitatore scelto. Considerata sotto questa luce, l’opera d’arte è il prodotto di un processo artistico basato sul ritiro dell’artista nell’isolamento del suo rifugio/isola e sulla sua esclusiva comunicazione con altri spazi, soprannaturali o metafisici. L’opera d’arte sembra essere il frutto di una sosta nel lungo e infinito viaggio durante il quale l’artista – seguendo il suo percorso personale, la traiettoria della propria stella – non fa che cercare nuove isole, nuovi mondi.
A volte li trova e si ferma per poi riprendere il viaggio più tardi, a volte non lo fa e cade in uno stato di ripiegamento e frustrazione indicibile. È in questi luoghi che viene creata l’arte ed emergono le capacità dell’artista; e se chiunque è in grado di riconoscerle, nessuno può definirle o identificarne la provenienza. L’opera d’arte è il risultato paradossale di una sinergia tra l’elemento umano e ciò che definiamo trascendente, sacro, sublime, energia o natura, a seconda del canale attraverso cui ci avviciniamo a essa. È per questa ragione che, dai tempi antichi a oggi, filosofi o umanisti contemporanei si riferiscono all’arte parlando di trasfigurazione come fa Hannah Arendt, o di “aura” come Walter fa Benjamin quando analizza l’inesplicabile maniera in cui l’opera d’arte emerge e vive in contrasto con altre creazioni umane. L’opera d’arte è una prova dell’eternità, un testimone distante del rapporto tra l’uomo e il principio del mondo. È il mezzo per riavvicinarsi al luogo immaginario – ma anche virtualmente reale, visto che è stato l’uomo a crearlo e a credere in esso – della perfezione e della vita eterna, la Terra promessa. In effetti è indicativo che la maggior parte delle teorie e cosmogonie religiose inizi e/o finisca in questo luogo ideale, la cui esistenza è oggetto di una fede diffusa che la scienza non è mai riuscita a sradicare.
A prescindere da convinzioni religiose o scientifiche, tuttavia, l’opera d’arte è una “chiave” per accedere ad altri luoghi immaginari, poetici e senza tempo. Nascoste a chiunque altro e a volte persino agli artisti stessi, le Isole appartengono quindi al genere di luoghi che Michel Foucault definiva eterotopie: «Ci sono […] luoghi che si trovano al di fuori di ogni luogo, per quanto possano essere effettivamente localizzabili. Questi luoghi, che sono assolutamente altro da tutti i luoghi che li riflettono e di cui parlano, li denominerò, in opposizione alle utopie, eterotopie». […]
Esempi di riferimenti a non-luoghi si possono trovare quasi ovunque, dalla politica – con l’Utopia di Thomas More – alla pubblicità e dalla letteratura a internet, il non-luogo per eccellenza. In tutti i campi – dalla mitologia al moderno star system – si fa spesso ricorso a questi spazi allettanti, forse perché soddisfano principalmente coloro che non vi si avvicineranno mai. L’immaginaria Neverland – la terra che non c’è – di Peter Pan e l’omonima residenza di Michael Jackson erano ugualmente lontane da un luogo reale e più vicine a un non luogo.
Essendo immaginari, i non-luoghi hanno infinite possibilità, e solo qualche elemento superficiale di realtà consente loro di essere ingenuamente fatti propri da lettori o spettatori. La letteratura e la poesia contengono numerosi riferimenti a questi luoghi, da Omero con le peregrinazioni di Ulisse a Jonathan Swift con la mitica Lilliput dei Viaggi di Gulliver all’asteroide 612 del Piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry. Naturalmente a volte i non-luoghi letterari diventano veri, come è avvenuto con 1984 di George Orwell. La religione non fa eccezione. Nel cristianesimo, i non-luoghi sono virtualmente indicati dallo sfondo dorato, il non-luogo delle icone bizantine e delle opere del primo Rinascimento, come l’unico spazio che può ospitare il miracolo dell’umanizzazione di Dio e la santificazione degli uomini. Anche se le cose cambiano, persino in questo XXI secolo e con l’attuale stile di vita che qualche fanno fa sarebbe sembrato fantascienza, ovvero un’utopia, ritengo che l’uomo – e l’artista in particolare – rimanga “legato” a condizioni che non si possono trovare nella vita reale: un eterno cittadino di uno stato ideale. L’uomo, come dice Platone, è una pianta non terrena ma celeste, e la sua testa è una radice che tiene il corpo verticale e punta verso il cielo. Socrate espresse il concetto ancor più chiaramente quando disse di sé: »Non sono un ateniese o un greco, ma un cittadino del mondo». Gli artisti sono senz’altro, più di chiunque altro, cittadini del mondo e di conseguenza persone senza patria. Eppure lo sono in maniera speciale, dal momento che sono costretti a vivere e lavorare in movimento, alla costante ricerca della loro utopia, l’isola che non hanno alcuna garanzia di raggiungere o anche solo avvicinare, benché sia la loro unica terra d’origine.
Katerina Koskina è presidente del Museo di stato di arte contemporanea di Salonicco, estratto dal catalogo, cortesia Silvana editoriale
LA MOSTRA/1
Mare nostrum
Il mare è un soggetto privilegiato da artisti di ieri e di oggi per le sue infinite e profonde suggestioni e per essere sempre stato teatro di attività inscindibili dal percorso dell’uomo. In esposizione quasi un centinaio di opere di autori italiani e stranieri tra fotografi, pittori e scultori per un percorso ecclettico nel panorama artistico contemporaneo. Luciano Ventrone, Loris Liberatori, Piero Guccione e Giovanni La Cognata sono solo alcuni tra gli artisti che partecipano alla collettiva Mare nostrum. Fino al 16 luglio. Galleria Forni, via Farini 26, Bologna. Info: 051231589; www.galleriaforni.it.
LAMOSTRA/2
L’isola che c’è
In un allestimento creato per l’occasione, sono esposti pitture e bronzi inediti di Giampaolo Talani. La mostra, dal titolo L’isola che, c’è realizzata in collaborazione con la galleria Enrico Paoli, propone sculture, alcune di notevoli dimensioni, e la recente produzione pittorica dell’artista toscano. Talani torna a esporre in uno spazio pubblico, confermando la sua capacità di pensare le opere in luoghi di grande impatto emotivo. Le creazioni di Talani sono realizzate con i materiali più diversi. Dal 10 luglio al 15 settembre. Piazza del Duomo, Pietrasanta (Lucca). Info: 058470623.
LAMOSTRA/3
“Body lands”
Il fotografo finlandese Arno Rafael Minkkinen è il capostipite della Scuola di Helsinki, emigrato poi negli Stati Uniti dove lavora e insegna. La ricerca autobiografica sul proprio corpo nudo, iniziata nel 1971, riassume nella sua straordinaria originalità il rapporto fra figura umana, tempo e natura: una sorta di “body performance” fotografica, venata di ironico surrealismo, che sorprende per immaginazione. Fino al 30 luglio. Photo & contemporary, via dei Mille 36, Torino. Info: 011889884.
LAMOSTRA/4
Isole mai trovate
Dopo il palazzo Ducale di Genova, la collettiva Isole mai trovate varca i confini dell’Italia. Ispirata dall’isola come metafora di vita e ricerca, l’esposizione curata da Lóránd Hegyi e da Katarina Koskina coinvolge 34 artisti di fama internazionale, chiamati a interpretare la propria isola mai trovata attraverso una navigazione eterna, pervasa dal dubbio se davvero quell’isola esista. Fino al 28 novembre allo State museum of contemporary art di Salonicco, in Grecia. Dal 17 dicembre al 17 aprile 2011 al Musée d’art moderne di Saint Etienne Métropole in Francia. Info: www.palazzoducale.genova.it.
L’INTERVENTO
Un’isola c’è
Un’isola c’è. In qualche forse o smorfia del viso sorpreso da un pensiero inatteso. Ombre bianche che si muovono giuste sotto cieli neri di soli incantati, giorni di mare e bastimenti a largo su rotte infinite. Golfo quieto finalmente di sonni profondi, notti blu sotto stelle argento e uomini stanchi che tornano, infine, sotto cappotti caldi. L’isola che c’è sta dentro la mano stretta nella tasca più grande, mentre senza nessuno accanto si torna per non più ripartire. È l’isola degli uomini lontani, delle urla di pesce e dell’anima che spinge per farsi abbracciare in mezzo ale scapole per farsi abbracciare più forte. Ti dico che l’sola c’è e la vedi, se guardi bene percorrendola tutta, la superficie del mare. (Giampaolo Talani, cortesia galleria Enrico Paoli)