
Per questa immagine non posso fare a meno di citare quanto ha scritto colei che l'ha mandata.
«La tua/vostra richiesta calza a pennello… un'immagine che mi perseguita da qualche anno, te la allego.
L'ho realizzata io, e su questo punto mi fermo. La cosa che mi ha colpito è che per me era molto semplice, invece molte persone che la vedevano per sbaglio iniziavano a fantasticarci sopra, a vedervi cose che per me non c'erano, o comunque ne rimanevano affascinati. Io non mai capito il perché, ma forse tu mi potrai aiutare?»
Ciò che si mostra è un paesaggio sommerso: elementi naturali - rami con foglie, forse alberi, forse alghe - ed elementi artificiali - forse un carrello portabagagli (tipo aeroporto) si intravedono in una superficie d'acqua opaca (melmosa? paludosa?).
Il potere di questa immagine, però, non sta in ciò che si mostra, ma in ciò che non si mostra.
Quei pochi elementi che si riescono a leggere bastano a suggerire l'idea di un incontro tra l'attività umana e la natura; un incontro che però non sembra aver generato effetti positivi.
Perché un carrello dovrebbe trovarsi nell'acqua?
Se pure quei rami sono alghe ed è quindi giusto che stiano nell'acqua, il modo in cui sono stati ritratti fa venire alla mente degli alberi sommersi.
Si tratta dunque di un paesaggio sommerso?
E' sicuramente la mia fantasia che aggiunge all'immagine ciò che non è ritratto. Ma cerchiamo di capirne il perché.
L'acqua torbida, biancastra, in questa fotografia amplifica le caratteristiche del medium, cioè del supporto su cui è realizzata l'immagine. Il medium per eccellenza è la tela bianca. Per la fotografia, che sia analogica (carta) o digitale (monitor), il medium di base è una superficie rettangolare bianca indifferenziata.
Il medium, anche se possiede una forma o delle caratteristiche peculiari che denotano già un significato specifico, diviene invisibile allo sguardo: induce cioè un atteggiamento nell'osservatore che smette di considerarne la materia, per concentrarsi su quanto vi è "scritto" al di sopra o all'interno o con essa.
Bastano pochi tratti perché su una superficie completamente bianca si cominci ad intravedere qualcosa. In fondo creare una immagine vuol dire trarre qualcosa di significativo da una superficie indifferenziata.
«Per fare un esempio tratto dalla natura, la nebbia uniforme impedisce qualsiasi possibilità di orientamento. Ma ciò significa anche che tutte le possibilità restano aperte. Bastano poche modificazioni nella sua composizione per poter credere di intravedere qualcosa di corporeo, il fantasma di una figura (...) Questo accenno spiega anche (…) come già la natura disponga di latenze formali e quindi di media che, come ad esempio l'argilla, la sabbia, la pietra ecc. offrono al lavoro figurativo un punto d'avvio» (Gottfried Boehm, Dal medium all'immagine, in La svolta iconica, Meltemi, Roma 2009, pp.128- 129).
L'acqua torbida, in questa immagine, si comporta come la nebbia, crea delle latenze o, se preferite, amplifica le latenze del medium. E' in quelle latenze che l'osservatore crede di intravedere qualcosa: è lì che interpone rappresentazioni che provengono da propri ricordi o dalla propria fantasia.
E' nel bianco indifferenziato che ciascun osservatore di questa fotografia crea il "proprio" incontro, dagli effetti non positivi, tra attività umana e natura; la rappresentazione o argomentazione di questo incontro è così solo suggerita dalla nostra autrice, tutto il resto è rimandato all'incontro con l'altro.
INVITO
Tutti gli utenti sono invitati a partecipare inviando un'immagine. Qui le indicazioni per partecipare alla Sfida:
http://www.undo.net/it/my/gdev/124/251