
Se ci pensate, una fotografia o un dipinto che ritraessero un rettangolo di cielo limpido (senza sfumature) difficilmente sarebbero in grado di rappresentarlo: resterebbero dei semplici rettangoli azzurri.
Ricordo che da bambino, per disegnare un paesaggio, mi fu insegnato a tracciare prima di tutto l’orizzonte, cioè il punto dove il cielo s’incontra con la terra.
Il cielo è tale se è delimitato da ciò che sta sulla terra. E’ necessario, per rappresentare o semplicemente considerare la superficie del cielo, potenzialmente infinita, contenerla all’interno di ciò che è finito. Tuttavia non è sempre vero. Vi è un altro modo per rappresentarlo, che è quello di inserirvi ciò che siamo abituati a osservare in cielo, cioè, nella maggior parte dei casi, le nuvole.
Lo sapeva bene Renè Magritte, il quale, nei suoi dipinti, sperimentò ogni possibilità rappresentativa o semplicemente evocativa del cielo. L’artista surrealista ha dimostrato che non sarebbe bastato dipingere un fondo azzurro: sarebbe stato necessario aggiungere almeno le nuvole; anzi, queste avrebbero potuto denotare qualsiasi superficie (azzurra) come cielo (si pensi, ad esempio, al suo cielo in bottiglia).
Le nuvole.
Un secolo prima di Magritte fu William Turner a comprendere quanto fosse proprio la relazione con le nuvole a rendere espressivo il cielo. Le nubi sono un filtro attraverso cui la luce del sole può passare in maggiore o minore quantità e attraverso cui l’azzurro del cielo può mostrarsi con maggiore o minore intensità. La volta azzurra è come un “foglio” su cui le nuvole “scrivono”, suscitando nello spettatore una vasta gamma di emozioni diverse.
Ma se il cielo è azzurro dappertutto, anche le nuvole sono dappertutto e in ogni luogo esse possono assumere forme caratteristiche. In sostanza non esiste luogo in cui il cielo e le nuvole non possano suscitare una infinità di varianti emotive. La malinconia di un tramonto, l’inquietudine che precede un temporale, la gioia di un’aurora, ecc. possono essere vissuti dovunque. Tuttavia le emozioni suscitate dalla volta celeste, se sposate alle caratteristiche specifiche del paesaggio, possono creare un connubio unico, che diventa il sentimento prevalente di una determinata località. Ciò vale tanto per i luoghi naturali, quanto per quelli artificiali.
Le nubi sono in grado di rappresentare un particolare momento (nunc): quell’istante in cui esse hanno disegnato sulla volta celeste una forma ed un colore determinati; ma se si vuole legare quel particolare momento, ad un particolare luogo (hic), ecco che rappresentare la cornice o semplicemente la linea che delimita il cielo diventa importante.
Storicamente nella pittura di paesaggio è sempre stato necessario rappresentare sia l’hic che il nunc - quand’anche il luogo raffigurato fosse di natura solamente simbolica –, perché ciò che accade in cielo è sempre il riflesso o la conseguenza di quello che viene percepito sulla terra.
La parola inglese skyline denota proprio la linea dove il cielo incontra la terra. Vi è una linea diversa per ogni luogo, la cui distribuzione e movimento può essere determinata o da elementi naturali (montagne) o da elementi artificiali (edifici). In alcuni casi è sufficiente riprodurre questa linea per rendere riconoscibile una città o un celebre paesaggio naturale.
Nel caso dell’immagine qui proposta, l’autore ha rappresentato una determinata località (Cortina d’Ampezzo) attraverso il suo “incontro” con il cielo. Egli però ha sostituito la dolcezza di uno skyline naturale - che normalmente per la più nota cittadina delle Dolomiti segue il profilo delle cime da cui è circondata - con la durezza di uno skyline artificiale. Solo una piccola porzione di montagna è visibile nella parte destra della fotografia; tutto il resto è un riflesso, nel quale la “linea del cielo” appare continuamente frazionata.
Poiché la fotografia è occupata per la maggior parte da un cielo azzurro carico di nuvole, essa sembra far apparentemente riferimento ad una rappresentazione tradizionale di paesaggio. Eppure, proprio il paesaggio (reale) è il “grande assente” di questa immagine.
Il cielo visto attraverso il suo riflesso artificiale, lo skyline interrotto in più punti e i segmenti verticali che “feriscono” la continuità del paesaggio ci restituiscono l’immagine di un luogo dove l’intervento dell’uomo non ha saputo integrarsi ai segni della natura circostante. Cielo e terra - a Cortina - non sono più il riflesso l’uno dell’altro.
Marco Izzolino
INVITO
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