L'ambiguità del confine

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Indice :

1 La sfida!

2 L'omino che trasporta il rettangolo bianco

3 Lulu/Valentina studentessa in Giappone

4 La maschera

5 Senza titolo (non voglio "soccombere" alla tentazione di usare la frase presente nell'immagine come titolo)

6 La vestizione dei sub-eroi sotto gli occhi delle donne

7 A passeggio nel parco?

8 Dall'alba al tramonto

9 La donna del mistero

10 Il potere del taglio

11 Rifrazioni

12 Le latenze del bianco

13 Il cuore sospeso nell'ombra

14 Da lì qualcuno ci guarda

15 Con titolo

16 Il cielo è azzurro dappertutto!

17 Teatro e pittura, digitale

18 Oldernet

19 Ciò che l'immagine non dice

20 Un lago in "attesa"

21 L'incidente

22 Body-Landscape Art

23 La paura ha un volto (o una maschera)

24 POP-UP

25 Maschere

26 La famiglia

27 Figli dell'iperrealismo

28 Capitani coraggiosi

29 Rettangoli di prato

30 I luoghi della varietà o discorso sul kitsch

31 Fotodinamismi

32 Supponiamo che sia vero, dopo tutto? E allora?

33 L'ambiguità del confine

34 Diruptio








Tony Cragg, "Points of View"

L'incontro tra luce ed ombra determina una sfumata linea di confine tra le due parti, sulla quale si "giocano" le possibilità evocative di questa immagine.

L'orientamento verticale induce di primo acchito una lettura della parte in luce che, come sempre succede, cerca inizialmente una riconoscibilità figurativa.

La mia fantasia (ma per altri può essere diverso) mi suggerisce di interpretare la parte alta dell'immagine in luce come la bocca socchiusa ed il mento di una figura femminile; tutto il resto della parte in luce, di rimando, diventa così un corpo sovraesposto alla luce e la parte in ombra diventa un ambiente (una stanza) di cui si intravedrebbe una porta aperta sullo sfondo.

Ripeto, tuttavia, che questa interpretazione è soltanto mia, perché in realtà la parte in ombra "penetra" dentro quella in luce e sfalda i confini (il profilo?) di una possibile figura, trasformando il tutto in una immagine astratta, nella quale ciascun osservatore può vedervi ciò che crede.

Mi accorgo, però, che ruotando questa rappresentazione di 90° in senso antiorario un'immagine chiaramente figurativa appare ed è ben riconoscibile; ma è la parte in ombra a definirla!

Si tratta del profilo di un gruppo di persone che agitano la mano sinistra (immagino) in segno di protesta.

Mi chiedo che cosa avrei pensato di questa immagine se fosse stata orizzontale, orientata in modo tale che avrei facilmente riconosciuto il gruppo di persone. Sicuramente non avrei avuto dubbi nel definire l'oggetto di rappresentazione e non avrei affatto considerato la possibilità di interpretare anche la parte in luce (in modo diverso).

E' dunque l'ambiguità dell'interpretazione a generare (il mio) interesse per questa immagine; un'ambiguità che si svolge tutta entro i confini del linguaggio visivo e che difficilmente sarebbe traducibile in linguaggio verbale.

Ecco che finalmente abbiamo scoperto tra le proposte degli utenti di questa rubrica qualcosa che appartiene unicamente alla grammatica dell'espressione visiva e non può appartenere a quella verbale!

In questo caso il confine tra la parte in luce e quella in ombra è, come abbiamo già detto, molto sfumato; tuttavia, se assimiliamo questa sfumatura al tracciato di una linea di contorno, questo tipo di rappresentazione può farsi rientrare in una classe di immagini che ha una storia molto antica.

In architettura, fin dall'antichità, la maggior parte delle decorazioni che venivano inglobate nella muratura avevano una origine figurativa: gli ordini ionico e corinzio mostravano già nel capitello l'astrazione lineare o volumetrica di ritratti di elementi presi dalla realtà (rotuli, foglie di acanto, ecc.). Gli elementi decorativi potevano alternativamente essere considerati come elementi astratti della struttura o come particolari figurativi.

Durante il medioevo, il rigore egli ordini classici si è sfaldato in una miriade di semplificazioni popolari localizzate e le linee architettoniche sotto i colpi di scalpellini visionari coronavano in sorprendenti elementi figurativi, che nulla avevano più a che vedere con resto dell'architettura. Figure umane, animali o vegetali apparivano tra schematici e appassiti ricordi di linee e volumi di elementi architettonici classici, spesso con intento simbolico.

Dopo il ritorno al rigore classico del Rinascimento fu nella seconda metà del Cinquecento che il gioco di ambiguità tra figurativo ed astratto o tra figure ambivalenti trovò la sua massima espressione. Gli architetti manieristi alterarono l'impaginazione rigorosa delle facciate rinascimentali - pur senza modificarne la logica planimetrica e strutturale - aggiungendovi temi e decorazioni caratterizzati da un raffinato e oscuro intellettualismo. Dietro la scelta di ciascun elemento architettonico vi era la volontà di alludere a significati allegorici nascosti, la cui interpretazione da parte dell'osservatore era spesso innescata da meccanismi che provocavano stupore o sorpresa. Figure mostruose, dimensioni colossali, prospettive simulate, alterazione dei consueti rapporti tra pavimenti ed alzati fecero per la prima volta ingresso costante ne progetti degli architetti.

I pittori e gli scultori manieristi a loro volta assaporavano l'espressività dei corpi delle figure rappresentate, contorcendoli spesso in posture che ne accentavano la linearità astratta.

Una linea poteva, così, alternativamente essere considerata come il contorno di una figura o come un segno astratto. L'ambivalenza oppure la coesistenza di due o più letture ed interpretazioni divenne così parte integrante della più generale ideazione (artistica).

E' noto a tutti il caso del pittore Arcimboldo che fece dei sui ritratti ambivalenti - che potevano essere alternativamente interpretati come ritratti di persone note o come nature morte di ortaggi o piante - il motivo principale del proprio successo.

La Gestaltpsychologie ha approfonditamente studiato le ambivalenze visive che dall'antichità sono giunte fino ai giorni nostri, attraversando un primo momento di grande sviluppo nel corso del Manierismo e trovando poi una prima sorta di catalogazione in periodo Barocco. Gli psicologi della Gestalt hanno creato e diffuso a loro volta ampi esempi di immagini ambivalenti proprio per spiegare il funzionamento della percezione visiva. Per fare questo hanno attinto ampiamente ad esperimenti artistici cinque, sei e settecenteschi.

Lo psicologo danese Edgar Rubin, studiando il rapporto visivo che c'è tra una figura e il suo sfondo, ideò attorno al 1915 la famosa immagine che può alternativamente essere interpretata come vaso oppure come due profili affrontati. Questa immagine di Rubin così come quelle ideate da altri psicologi non poterono non ispirarsi alle incisioni di di Giuseppe Maria Mitelli, forse tra più noti incisori del Seicento.

Divenuto famoso in tutta Europa per la sua capacità di riprodurre i grandi capolavori del Rinascimento e del Barocco italiano, che venivano studiati da artisti di tutta Europa attraverso le sue riproduzioni ad incisione, Mitelli cominciò a dedicarsi e a diffondere anche una enorme serie di proprie incisioni: tra queste si annoverano moltissime immagini allegoriche ambivalenti, ma anche molti repertori di esempi decorativi per architetture, vasi, cornici, ecc.; tra questi sono presenti giochi ambigui tra figurativo ed astratto, tra figura e sfondo o tra pieni e vuoti.

Le incisioni di Mitelli hanno trovato una degna eredità in quelle moderne di Maurits Cornelis Escher. Questo disegnatore e incisore olandese è stato forse l'artista che più di ogni altro, di qualunque epoca, si sia dedicato allo studio ed all'approfondimento delle ambiguità che hanno luogo nel processo della percezione visiva. Molte delle sue opere sono talmente note che forse non è nemmeno il caso di citarle.

C'è un interessante caso di uno scultore contemporaneo, invece, che si avvicina molto al tipo di rappresentazione proposta dall'autore della nostra immagine, si tratta del britannico Tony Cragg. Tra i lavori più recenti di Cragg (degli ultimi 10/15 anni) vi sono una serie di sculture che appaiono come volumi ruotati in modo apparentemente disordinato lungo i vari punti dell'altezza, attorno ad un asse centrale e verticale (il più delle volte sono intitolati dall'artista "points of view" - punti di vista). Ne propongo a lato un esempio.

Queste strutture possono essere considerate o nella loro consistenza volumetrica e dunque come blocchi astratti, oppure, alternativamente, come la somma di porzioni di elementi figurativi: girando attorno a ciascuna scultura, infatti, si scopre che il profilo della materia è in grado di disegnare, da ogni punto di vista, un profilo di un volto umano in una porzione del bordo sinistro o destro dell'opera, lungo la sua altezza.

L'elemento sorpresa genera attenzione, interesse e infine desiderio di approfondimento…

Marco Izzolino


INVITO
Tutti gli utenti sono invitati a partecipare inviando un'immagine. Qui le indicazioni per partecipare alla Sfida: http://www.undo.net/it/my/gdev/124/251