La famiglia

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Indice :

1 La sfida!

2 L'omino che trasporta il rettangolo bianco

3 Lulu/Valentina studentessa in Giappone

4 La maschera

5 Senza titolo (non voglio "soccombere" alla tentazione di usare la frase presente nell'immagine come titolo)

6 La vestizione dei sub-eroi sotto gli occhi delle donne

7 A passeggio nel parco?

8 Dall'alba al tramonto

9 La donna del mistero

10 Il potere del taglio

11 Rifrazioni

12 Le latenze del bianco

13 Il cuore sospeso nell'ombra

14 Da lì qualcuno ci guarda

15 Con titolo

16 Il cielo è azzurro dappertutto!

17 Teatro e pittura, digitale

18 Oldernet

19 Ciò che l'immagine non dice

20 Un lago in "attesa"

21 L'incidente

22 Body-Landscape Art

23 La paura ha un volto (o una maschera)

24 POP-UP

25 Maschere

26 La famiglia

27 Figli dell'iperrealismo

28 Capitani coraggiosi

29 Rettangoli di prato

30 I luoghi della varietà o discorso sul kitsch

31 Fotodinamismi

32 Supponiamo che sia vero, dopo tutto? E allora?

33 L'ambiguità del confine

34 Diruptio














Non conosco l’origine della fotografia da cui è tratta questa immagine di cui il titolo “OMNIA SUNT COMMUNIA” è parte integrante; non conosco nemmeno chi rappresenti; tuttavia dirò qualcosa sul modo in cui i cinque personaggi sono stati rappresentati nella fotografia originaria, sulla sovrapposizione della nuova colorazione (in origine probabilmente era una foto in bianco e nero) e sull’associazione tra l’immagine è questa frase.

I cinque personaggi, tutti uomini, si presentano allineati, in posa frontale, elegantemente vestiti e con cappello. Cercherò di analizzare la loro posizione da un punto di vista prossemico.

I cinque sono disposti su tre livelli differenti di profondità:
1) il primo piano in cui si trova la persona più anziana (che copre con la spalla destra la spalla sinistra del giovane al centro);
2) il secondo piano in cui si trovano il giovane al centro e il primo a sinistra;
3) il piano di fondo in cui si trovano il secondo ed il terzo personaggio (da sinistra).

A questi diversi livelli di profondità dovrebbero corrispondere tre diversi livelli di gerarchia all’interno del gruppo e questo già ci suggerisce che difficilmente si tratta di cinque componenti maschili di una stessa famiglia (almeno nel senso tradizionale del termine).

All’interno di un nucleo familiare tradizionale la gerarchia è determinata dall’anzianità delle persone; qui invece il più anziano si trova in primo piano, ma sull’ultimo si trova una figura sicuramente più grande d’età dei tre giovani a sinistra.

Si tratta dunque di una “associazione” gerarchica tra cinque persone appartenenti a famiglie diverse. Azzarderei, però, che il giovane al centro e l’uomo anziano siano due familiari; dico questo per diverse ragioni: la figura più importante è indubbiamente quella più anziana - che oltre ad essere in primo piano si concede delle libertà dalla posizione ieratica frontale cui si costringe il resto del gruppo: inclina la testa e mostra le mani -, ma questo cede il ruolo centrale nella fotografia al giovane, segno che non avrebbe alcun problema ad una ambiguità di gerarchia tra sé e il giovane; inoltre, anche se impercettibilmente, i due inclinano la testa ciascuno verso l’altro.

Ciò che mi viene in mente a guardare questa fotografia è un gruppo di mafiosi d’oltre oceano. Mi potrei sbagliare, tuttavia giungo a questa considerazione collegando insieme alcuni indizi. L’uomo all’estrema destra denuncia un aspetto decisamente più trasandato e rozzo rispetto a tutti gli altri (sembrerebbe un uomo legato in qualche modo all'uomo anziano di cui è a lato e con il quale sicuramente condivide qualcosa: parte del carattere? le stesse origini?). Poco elegante mi sembra anche il cappello tirato sopra fronte del secondo uomo. Infine trovo piuttosto sfrontato lo sguardo della figura centrale, troppo spavaldo per un uomo così giovane e troppo irriverente nei confronti del resto del gruppo composto di persone tutte più grandi. Si tratta dunque di uomini in cui – per lo più – l’eleganza si mostra attraverso l’abbigliamento, ma non attraverso il comportamento: sono uomini ricchi di umili origini? Quale “gruppo” della società ricca non avrebbe alcun pudore nel mostrare il proprio lato incolto ed anzi lo manifesterebbe con impertinenza?

La mafia americana della prima metà del Novecento fu la prima criminalità organizzata che da un lato rivendicava le proprie umili origini (dalla strada o dalle campagne), ma dall'altro esigeva un ruolo da protagonista nella classe dirigente degli USA (si pensi al celeberrimo film di Sergio Leone “C'era una volta in America”). A questo modello si sono poi conformate tutti i gruppi di criminalità organizzata successivi, anche in altre parti del mondo.

Veniamo al secondo punto in discussione. Per quale ragione il nostro autore a “virato” sul blu quella che doveva essere in origine una fotografia in bianco e nero?

La mia opinione è che, come ha giustamente affermato Walter Benjamin, un osservatore tende principalmente a riconoscere una fotografia il soggetto rappresentato piuttosto che tentare di interpretare il significato complessivo della rappresentazione. Sicché l'alterazione del colore ha offerto al nostro autore la possibilità di allontanarsi dalla contingenza del ritratto, dai sui referenti, dalla sua aneddotica, dal suo contesto.

L'autore ha, così, voluto e saputo mettere in evidenza quelli che sono i modelli di questa immagine: un modello di ritrattistica, un modello di rappresentazione sociale, modelli di comportamento, ecc. Ha per così dire “spersonalizzato” l'immagine di alcune persone (pur senza eliminarne i connotati) e l'ha resa in grado di rappresentare una “tipologia”: per cui la guardiamo e possiamo affermare “sono un gruppo di mafiosi”.

Si tratta dello stesso tipo di spersonalizzazione operato da Mario Schifano nei confronti di una celebre fotografia.

All'inizio degli anni Ottanta Schifano provò a ripercorrere la forza ideativa del Futurismo trasformando, in una serie di nuovi dipinti ispirati a quel movimento, una celebre fotografia del gruppo dei fondatori (che qui ripropongo). Ne decostruì la fonte realistica, mantenendone viva la parte figurativa delle forme; i volti e il contesto - rimossi - apparivano trasfigurati su una tela giocata esclusivamente sul chiaroscuro, e gli attori sembravano proiettati in un altrove, prossimo, ma che non riuscendo più a “dire”, doveva essere immaginano dall'osservatore.

Una celebre versione di questa serie di dipinti sul Futurismo fu dipinta da Schifano con il solo colore blu. Ne ripropongo qui una copia; l'utente si accorgerà di quanto questo dipinto sia vicino all'immagine di gruppo presentata in questa sfida. Le avanguardie (tutte le avanguardie) erano gruppi di giovani artisti i quali decidevano di associarsi per combattere l'ordine (artistico) costituito al fine di sperimentare nuove forme e modelli di rappresentazione visiva. Sembrerebbe che nella fotografia del nostro autore sia contenuto un riferimento anche alle avanguardie (attraverso la trasfigurazione operata da Schifano).

Veniamo ora alla frase impressa sull'immagine: “OMNIA SUNT COMMUNIA”. Questa frase ha a che fare con le origini del termine “Comunismo”.

La parola “Communismus” (in tardo latino, o “Kommunismus” in tedesco) fu coniata come neologismo nel corso delle guerre di religione che incendiarono l'Europa fra il tardo Medioevo e la prima modernità: dottrine di correnti radicali del XVI secolo (hutteriti, hussiti e taboriti) furono definite “communisticae” da alcuni detrattori coevi e immediatamente successivi. In seguito la parola sembrò cadere in disuso, per riapparire solo nell'Ottocento.

Durante la Guerra dei Contadini (1524-1525), una concatenazione di tumulti generò ondate di rivolta in tutta l'Europa centrale e uno dei gridi di battaglia del predicatore Thomas Müntzer era proprio “Omnia sunt communia” (tutte le cose sono comuni). Tutti gli eretici del Cinquecento predicavano la comunione dei beni e il vivere comunitario, e alcuni di essi incitavano a espropriare delle loro ricchezze la nobiltà e il clero; questa enfasi sulla condivisione era profondamente radicata nella storia e nella teologia cristiana ("Tra di essi le cose erano in comune "(Atti 4.32), nella Regola Agostino diceva: “E niente venga detto di qualcuno, ma tutte le cose tra voi siano comuni”).

Come sempre in questa mia rubrica, non è mio compito entrare nel merito del significato di una immagine propostami, ma poiché spesso il mettere in luce un metodo espressivo ci conduce più vicino alle intenzioni dell'autore, non posso non far notare che esiste un punto in comune tra, la criminalità organizzata americana, le avanguardie artistiche del primo Novecento e il Comunismo: si tratta di fenomeni che si sono ispirati e hanno avuto origine tutti da principi di uguaglianza ed equità sociale, ma che poi di fatto se ne sono allontanati e si sono concretizzati in nuovi sistemi o gruppi di potere (economico il primo, culturale il secondo e politico il terzo).

(Forse può sembrare paradossale associare una delle principali dottrine politche del XX secolo e le avanguardie ad un fenomeno aberrante come quello della mafia, tuttavia va considerato che la mafia si è sviluppata dal brigantaggio meridionale che in origine ha tentato di colmare il disinteresse del nuovo stato italiano unitario per le esigenze delle grandi masse di contadini poveri del meridione).

L'associazione in questa immagine fotografica di tre ambiti e contesti storici così diversi non ha probabilmente lo scopo di creare un paragone tra ciò che appartiene a tali contesti, ma ha il pregio di consentire una riflessione basata (appunto) su un'associazione di idee: il mondo della ricerca artistica contemporanea si è forse allontanato dall'ispirazione ai valori delle avanguardie (così come il Comunismo sembrerebbe aver dimenticato le sue originarie i/a-spirazioni)? Potrebbe oggi affermarsi un artista o un movimento artistico innovativo se non attraverso l'approvazione o la “protezione” del sistema dell'arte contemporanea, che appare oggi come un sistema chiuso e conservativo, espressione di potentati economici (che tanto assomiglia ad una mafia culturale)?

Marco Izzolino


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