La paura ha un volto (o una maschera)

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Indice :

1 La sfida!

2 L'omino che trasporta il rettangolo bianco

3 Lulu/Valentina studentessa in Giappone

4 La maschera

5 Senza titolo (non voglio "soccombere" alla tentazione di usare la frase presente nell'immagine come titolo)

6 La vestizione dei sub-eroi sotto gli occhi delle donne

7 A passeggio nel parco?

8 Dall'alba al tramonto

9 La donna del mistero

10 Il potere del taglio

11 Rifrazioni

12 Le latenze del bianco

13 Il cuore sospeso nell'ombra

14 Da lì qualcuno ci guarda

15 Con titolo

16 Il cielo è azzurro dappertutto!

17 Teatro e pittura, digitale

18 Oldernet

19 Ciò che l'immagine non dice

20 Un lago in "attesa"

21 L'incidente

22 Body-Landscape Art

23 La paura ha un volto (o una maschera)

24 POP-UP

25 Maschere

26 La famiglia

27 Figli dell'iperrealismo

28 Capitani coraggiosi

29 Rettangoli di prato

30 I luoghi della varietà o discorso sul kitsch

31 Fotodinamismi

32 Supponiamo che sia vero, dopo tutto? E allora?

33 L'ambiguità del confine

34 Diruptio














E' chiaro che il nostro autore ha dato sfogo alla sua fantasia dando forma, a partire da un insieme di linee e colori apparentemente astratto, ad alcuni personaggi misteriosi.

La componente astratta di questo disegno funziona come il cappuccio sulla testa di una persona che ne tiene in ombra buona parte del viso e la rende poco riconoscibile. In questo disegno notiamo, dunque, delle figure, ma, nonostante mostrino chiaramente degli attributi, restano appena abbozzate, non chiare e, per questo, misteriose.

Ciascuno di noi anche per rappresentare il mistero fa riferimento a delle immagini che gli sono note, e, dunque anche il nostro autore aveva in mente dei chiari riferimenti nel costruire queste figure di fantasia.

Come scovare questi riferimenti?

Ci sono due cose da tenere in considerazione:

a) la storia dell'arte del Novecento ha insegnato che se ci sono delle “zone d'ombra”, di difficile interpretazione, all'interno di una immagine, queste sono state appositamente lasciate dal suo autore perché funzionino come dei vuoti che l'osservatore debba riempire con il proprio "vissuto"; i vuoti (apparenti) di significato nelle opere d'arte contemporanee servono a stimolare l'intelligenza e la partecipazione dell'osservatore;

b) la parte invece (almeno apparentemente) comprensibile e comunicativa di una immagine è tale perché appartiene ad un "terreno comune" tra autore ed osservatore, una convenzione reciprocamente accettata per cui a determinati segni corrispondano determinati significati (e che è la base di una comunicazione possibile).

Tornando allora alla domanda precedente - come scovare i riferimenti che ha utilizzato l'autore nel creare la sua immagine? - risponderò che devo fidarmi del mio istinto, cioè di cosa l'immagine mi fa venire in mente, perché (riutilizzando la metafora del cappuccio) se sotto il cappuccio l'autore mi mostra un naso ed un mento di una persona lo fa affinché io possa capire che si tratta di un uomo o di una donna, e, se lascia il resto del viso in ombra è perché io possa autonomamente immaginare il colore dei suoi occhi, la lunghezza dei suoi capelli, la forma della fronte, ecc….

Tornando dunque alla nostra immagine della sfida, mi fiderò del mio istinto e proverò a partire dai dati che considero possano avere un significato.

Si tratta di figure, almeno tre, in successione. Direi che formino una sorta di "processione", in quanto quelli che sembrano arti superiori nella figura più a destra ricordano le zampe anteriori di una mantide che, proprio per la loro forma e posizione, contribuiscono a far dare all'insetto l'appellativo ulteriore di "religiosa".

(Almeno) tre figure in processione, dunque. Per associazione di idee - da buon italiano che ha ricevuto un imprinting cristiano – penso ai re magi. Ma non mi fisso sull’immagine dei re magi e allora comprendo che il riferimento (a loro) serve solo a farmi immaginare il deserto… e riguardo nuovamente le figure disegnate: non mi sembrano umanoidi!

Immagino allora creature strane che attraversano in carovana il deserto e penso a tanta letteratura e cinematografia che ha rappresentato (da Dune, a Star Wars, a Strar Trek ecc. ecc.) mondi alieni e convogli nel deserto… turbanti e cappucci che coprono strani volti (la metafora che ritorna!)… e infine i colori di questo disegno, così vividi e inconsueti per un contesto desertico, mi ricordano alcuni disegni di Moebius che pure a creato mondi desertici, ma ricchi di una infinità di sfumature e colori.

Ma ora sto divagando con la (mia) fantasia!

Come per i re magi, il riferimento a Moebius mi serve per un collegamento ad un altro autore del fumetto - animato in questo caso - tanto geograficamente lontano a Moebius, quanto a lui vicino per fantasia visionaria e capacità di trasferirla sulla carta con una ricchezza di particolari tale da sfiorare l'horror vacui: parlo di Hayao Miyazaki.

Penso ad un film in particolare del maestro giapponese, "Spirited Away" ("La città incantata", 2001) e ad una scena specifica: quando la protagonista Chihiro, da poco entrata nel mondo incantato, assiste ad una processione di spiriti.

Credo che le figure rappresentate nel nostro disegno abbiano poco a che vedere con mondi alieni e invece, come capitava per gli spiriti di Miyazaki, rappresentino delle proiezioni di sentimenti/inquietudini/paure/fantasie totalmente terrene, ma che non trovano forma in qualcosa che possa essere completamente e chiaramente definito.

A riprova di ciò propongo un parallelo (doppio).

Due delle figure presenti nel nostro disegno mostrano una testa con becco. L'uomo o figura con becco costituisce una delle più antiche rappresentazioni visive della paura, dell'inquietudine indefinita, che popola la vita di ogni uomo.

C’è una maschera tradizionale del teatro e del carnevale veneziano che ha dato forma alla paura: è la famosa figura dal manto nero con maschera bianca dal naso lungo adunco. La maschera viene ancor oggi chiamata “Il medico della peste”, il cui nome ne denuncia l’origine: durante le epidemie di peste che dimezzarono la popolazione delle città europee tra il medioevo ed il XVII secolo, a Venezia i medici che visitavano i pazienti per verificare se si fossero ammalati del morbo, vestivano di una tunica nera cerata per proteggersi dal contagio, indossavano inoltre guanti e una maschera che aveva davanti al naso e alla bocca un lungo contenitore in cui infilavano varie erbe che filtravano l’aria da respirare, non toccavano i malati ma li tastavano con un bastoncino di legno per non avvicinarglisi troppo.

Col tempo, la paura del contagio e di una possibile visita da parte del dottore “mascherato” trasformò la divisa del medico nella iconografia dell’inquietudine per antonomasia.

Come si può vedere si tratta di una immagine apparentemente di fantasia, come quelle degli spiriti di Miyazaki o delle strane figure del nostro autore, ma la cui origine è decisamente terrena e concreta. Ve la propongo in una versione tratta da una incisione del 1656.

A creare l’iconografia dell’uomo col becco come rappresentazione della paura indifferenziata deve aver contribuito però anche una immagine molto più antica di quella della maschera veneziana. Si tratta della rappresentazione di uno dei mostri presenti nelle “Cronache di Norimberga”, una sontuosa opera a stampa frutto della più grande impresa editoriale al tempo ancora degli incunaboli. Prodotta dalla stamperia Koberger nel 1493 in lingua latina con il titolo “Liber Chronicarum”, fu ristampata già nel dicembre dello stesso anno in tedesco con il titolo di “Weltchronik”, poi largamente diffusa e ricercata in Italia e in Europa come “Cronache di Norimberga”. Autore ne fu Hartmann Schedel, illustre umanista tedesco, che con l’aiuto di diversi finanziatori, creò un gruppo di studiosi, illustratori (tra cui vi era il giovane Albrecht Dürer), torcolieri e rilegatori con l’obiettivo di creare un’opera enciclopedica sulla storia del mondo, dalla creazione fino alla vigilia della scoperta dell’America.

Tra i mostri che popolano il mondo vi è rappresentato un uomo dal collo di gru e volto a becco. Ve ne propongo una immagine. Per quanto ne sappia io si tratta della prima immagine diffusa dell’uomo con becco.

Marco Izzolino


INVITO
Tutti gli utenti sono invitati a partecipare inviando un'immagine. Qui le indicazioni per partecipare alla Sfida: http://www.undo.net/it/my/gdev/124/251