Diruptio

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Indice :

1 La sfida!

2 L'omino che trasporta il rettangolo bianco

3 Lulu/Valentina studentessa in Giappone

4 La maschera

5 Senza titolo (non voglio "soccombere" alla tentazione di usare la frase presente nell'immagine come titolo)

6 La vestizione dei sub-eroi sotto gli occhi delle donne

7 A passeggio nel parco?

8 Dall'alba al tramonto

9 La donna del mistero

10 Il potere del taglio

11 Rifrazioni

12 Le latenze del bianco

13 Il cuore sospeso nell'ombra

14 Da lì qualcuno ci guarda

15 Con titolo

16 Il cielo è azzurro dappertutto!

17 Teatro e pittura, digitale

18 Oldernet

19 Ciò che l'immagine non dice

20 Un lago in "attesa"

21 L'incidente

22 Body-Landscape Art

23 La paura ha un volto (o una maschera)

24 POP-UP

25 Maschere

26 La famiglia

27 Figli dell'iperrealismo

28 Capitani coraggiosi

29 Rettangoli di prato

30 I luoghi della varietà o discorso sul kitsch

31 Fotodinamismi

32 Supponiamo che sia vero, dopo tutto? E allora?

33 L'ambiguità del confine

34 Diruptio






E' curioso il nome latino scelto per questa immagine: "diruptio". Le sue possibili traduzioni in italiano sono: "rottura, laceramento, scoppio, esplosione". Da quel che vedo nell'immagine credo che l'autore/autrice abbia inteso assegnare al titolo uno dei due ultimi significati: uno scoppio od una esplosione, dunque.

Ci sarebbe da chiedersi come mai un titolo latino per una immagine che nasce da un'impressione fotografia e si presenta oggi in forma digitale.

Credo che questa scelta dipenda dall'intenzione di voler ribadire la lontananza della tecnologia utilizzata in questo caso rispetto alle tecniche diffuse oggi per produrre immagini fotografiche. La scelta nasce da una volontà consapevole di fornire una chiave di lettura che si riferisca ad un mezzo che ha radici molto antiche e che è riconducibile alla scoperta di un effetto ottico molto noto ai pittori fin dalla seconda metà del Cinquecento.

Si tratta infatti di una immagine realizzata con un foro stenopeico, cioè lo stesso foro che usavano gli scienziati del Cinquecento (ne parlò Leonardo, ma era a conoscenza già di Aristotele, e di molti studiosi medioevali, tra cui l'arabo Alhazen) per costruire una camera "obscura", cioè un'ambiente buio, di dimensioni variabili, nel quale fosse possibile proiettare (anche se rovesciata) l'immagine visibile dal buco sulla parete della camera a questo opposta.

Perfezionando il principio della camera oscura fu poi possibile ai pittori (già dall'inizio del Cinquecento) utilizzare la camera ottica, ossia un apparecchio in grado di riprodurre sul supporto della propria opera le linee e i profili fondamentali del paesaggio che avevano difronte.

Tra quelle prime opere e questa immagine qui presentata vi sono ovviamente ulteriori passaggi evolutivi e nuove scoperte sia tecnologiche sia di modelli iconografici; tuttavia con la scelta del latino per il titolo, l'autore/autrice della nostra immagine si richiama a tutta questa storia dell'arte e della tecnica per la produzione di immagini che è necessaria a comprendere pienamente "diruptio". Ricordiamo che ai tempi delle scoperta della camera "obscura" era il latino la lingua della scienza e della divulgazione extra-nazionale.

Non è l'uso di una camera oscura che dovrebbe sorprenderci, ma il fatto che una tecnica così antica sia stata utilizzata per realizzare una immagine praticamente astratta. Gli artisti del Settecento infatti si servivano di questa tecnica per aiutarsi nel riprodurre in maniera quanto più vicina alla realtà le distanze e le relazioni visive tra gli elementi del paesaggio - per la figurazione in sostanza.
Ma anche gli esperimenti delle avanguardie (per esempio di Man Ray) con la carta fotografica senza la mediazione della macchina - cui questa questa immagine inevitabilmente riconduce, una volta dichiarata la tecnica utilizzata - servivano a riprodurre le sagome degli oggetti reali che la luce imprimeva sulla carta, impressionando le zone non toccate da tali oggetti - sempre per la figurazione dunque.

Non bastava conoscere il principio fisico per la visione di una simile immagine (già noto agli artisti dalla seconda metà del Cinquecento) e nemmeno possedere una tecnologia in grado di riprodurla su carta (già possibile nella seconda metà dell'Ottocento). Sarebbe stato necessario che si creassero le condizioni perché una simile rappresentazione potesse apparire.

Mi vengono in mente le immagini di paesaggio che, già nel Settecento, ad opera di molti artisti internazionali, riproducevano le esplosioni del Vesuvio: queste esplosioni erano sempre funzionali alla rappresentazione del paesaggio sottostante; sarebbe stato inconcepibile allora rappresentare il particolare della sola esplosione.

Ci sarebbe voluto il fotodinamismo futurista perché cominciassero ad apparire le prime fotografie di oggetti e persone in movimento, e, ancora, si sarebbe dovuto aspettare il dopoguerra perché si diffondessero le nuove iconografie introdotte dall'Action Painting americano, perché l'immagine statica di una esplosione potesse trasformarsi in una forma simbolica.

Rappresentare una esplosione presuppone innanzitutto la comprensibilità di un segno significante "il movimento bloccato in un singolo istante"; in secondo luogo tale rappresentazione deve caricarsi di possibili ulteriori significati, che possono nascere solo dalla condivisione di un vissuto comune, e dalla ricorrenza di stesse immagini sotto gli occhi di molti.

Per gli artisti dell'Action Painting, ad esempio il vissuto comune era quello degli orrori della guerra e della necessità di una trasformazione radicale della società e degli stili di vita.

Ecco così che l'esplosione divenne una segno in grado di condensare gli orrori della distruzione, ma al contempo anche la meraviglia dell'idea e della creazione improvvisa, frutto dell'intuizione e del gesto che ne consegue.

Marco Izzolino


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