Fotodinamismi

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Indice :

1 La sfida!

2 L'omino che trasporta il rettangolo bianco

3 Lulu/Valentina studentessa in Giappone

4 La maschera

5 Senza titolo (non voglio "soccombere" alla tentazione di usare la frase presente nell'immagine come titolo)

6 La vestizione dei sub-eroi sotto gli occhi delle donne

7 A passeggio nel parco?

8 Dall'alba al tramonto

9 La donna del mistero

10 Il potere del taglio

11 Rifrazioni

12 Le latenze del bianco

13 Il cuore sospeso nell'ombra

14 Da lì qualcuno ci guarda

15 Con titolo

16 Il cielo è azzurro dappertutto!

17 Teatro e pittura, digitale

18 Oldernet

19 Ciò che l'immagine non dice

20 Un lago in "attesa"

21 L'incidente

22 Body-Landscape Art

23 La paura ha un volto (o una maschera)

24 POP-UP

25 Maschere

26 La famiglia

27 Figli dell'iperrealismo

28 Capitani coraggiosi

29 Rettangoli di prato

30 I luoghi della varietà o discorso sul kitsch

31 Fotodinamismi

32 Supponiamo che sia vero, dopo tutto? E allora?

33 L'ambiguità del confine

34 Diruptio






Quella qui presentata è una fotografia "mossa" che ritrae alcune persone all'interno di un paesaggio.
Si tratta di una immagine figurativa che tende al non figurativo.

Uno degli approcci con i quali spesso ci si accosta ad una fotografia, per tentare di comprenderne il soggetto, e dunque il significato, è quello di di far rientrare l'immagine all'interno di un genere pittorico. Si tratta dello stesso approccio che ebbero i primi fruitori storici delle fotografie, cioè coloro che, nella seconda metà dell'Ottocento (o ai primi del Novecento, a seconda delle aree geografiche) cominciarono a "leggere" le fotografie avendo un'abitudine all'osservazione di immagini di natura per così dire solo "manuale" (disegno, pittura, incisione, ecc.).

Questo tipo di approccio è stato naturale per coloro che incontravano le immagini meccaniche per la prima volta: ricorrendo a ciò che conoscevano per capire ciò che ancora non conoscevano.

La cosa sorprendente tuttavia è stata che questo tipo di approccio è rimasto costante fino ai giorni nostri, resistendo anche alla diffusione della fotografia così detta digitale. Ciò è accaduto, io credo, perché in nessuna parte del mondo sono state educate le persone all'uso e al consumo della fotografia. Non si è insegnato, per esempio, nelle scuole ad utilizzare una macchina fotografica così come si è insegnato a disegnare. Questa situazione, inoltre, ancora persiste.

Va tenuto presente tuttavia che se pure l'invenzione della fotografia risalga ormai a più di un secolo e mezzo fa, è solo negli anni Ottanta del secolo scorso che le macchine fotografiche hanno cominciato ed essere date in mano ai bambini; per cui se pure a scuola non si insegnava ad usarle, almeno il loro utilizzo costante ne determinava approccio, metodo e tecnica.

Anche se il punto di partenza per l'analisi di una immagine fotografica rimane ancora la categorizzazione per generi, l'immagine qui presentata propone un tipo di contenuto che sfugge a questo tipo di approccio.

Ricorrendo, infatti, a delle categorie pittoriche (generi) per identificarne il soggetto, non potremmo definire questa foto né un "ritratto", né un "paesaggio" e nemmeno, ricorrendo ad un genere post-diffusione-della-fotografia, un "astratto".
Si tratta letteralmente di una foto-in-movimento in cui non ci è permessa l'identificazione dei soggetti ritratti ma solo lo spostamento di sagome e colori all'interno di un contesto più ampio.

La mia tentazione è quella di identificarvi tre corpi dentro un contesto naturale, vestiti di colori accesi all'interno di un bianco dominante: si tratta forse di persone che si muovono in un paesaggio innevato? Poi però questa interpretazione mi sfugge, perché troppo sfocati appaiono i particolari che sarebbero utili a darmi certezza di ciò che è ritratto. Non posso identificarvi delle persone, non posso identificavi un paesaggio e dunque, la mia lettura si sposta lentamente verso un approccio nei confronti di una immagine astratta… anche se non completamente.

Si tratta di una immagine che non rientra in un genere definito, ma nel quale più generi convivono, come accadeva per i dipinti delle prime avanguardie storiche (cubismo, futurismo, espressionismo, ecc.) nelle quali figurativo ed astratto convivevano per dare forma a qualcosa che non fosse immediatamente visibile nella visone "ordinaria" e "quotidiana".

Certamente i nuovi punti di vista, offerti sulla realtà dall'allora "moderno" strumento fotografico, offrivano agli artisti delle avanguardie interessanti spunti di riflessione per la ricerca pittorica. Si pensi, ad esempio, a quanto le fotografie frutto di lunghe esposizioni dell'obiettivo, nelle quali apparivano le tracce dei movimenti dei soggetti ritratti, abbiano putto innescare ragionamenti sulla possibilità di rappresentare in immagini statiche bidimensionali lo spostamento dei corpi o dell'artista nello spazio.

Il cubismo e ancor più il futurismo hanno raccolto queste suggestioni, determinando un continuo e proficuo scambio di idee e soluzioni rappresentative tra l'antico medium pittorico e il nuovo medium fotografico.

All'interno, o forse sarebbe più giusto dire sula scia, del movimento futurista si collocarono le prime ricerche specifiche e primi esperimenti sulla fotografia in movimento.

Anton Giulio Bragaglia (1890-1960) sulla scorta degli esperimenti condotti nel 1910 in collaborazione con il fratello Arturo, suo operatore, pubblicò nel 1911 il saggio "Fotodinamismo", riproposto poi ampliato in una seconda e poi terza edizione nel 1913 per l'editore romano Nalato col titolo "Fotodinamismo futurista sedici tavole". Il saggio determinò un forte dibattito all'interno del movimento futurista*.

La tecnica fotodinamica prevedeva essenzialmente delle lunghe esposizioni di soggetti in movimento. Si rifaceva alle sperimentazioni di E. J. Marey e Muybridge sull’analisi del movimento in sequenza chiamato cronofotografia, dalle quali però i fotografi futuristi si considerarono sempre lontani. Secondo la visione dei fotodinamisti, infatti, la riproduzione meccanica della realtà doveva servire non a generare una rappresentazione pedissequa del reale, ma una vera e propria espressione artistica capace di riprodurre, attraverso la tecnologia, tutto ciò che l’occhio umano non era in grado di percepire. Dando così estremo risalto al gesto tentavano di provocare il forte coinvolgimento emotivo del fruitore.

L'interesse per la "fotografia-in-movimento" nasceva dunque dalla volontà estendere al massimo grado le possibilità che la macchina offriva di rappresentare qualcosa che l'occhio umano non era in grado di percepire, fornendo così anche informazioni aggiuntive non presenti nel semplice ritratto (di persona o paesaggio) statico.

Quando in una fotografia notturna di una città si lascia aperto l'obiettivo per un tempo di esposizione abbastanza lungo, oltre al profilo urbano appaiono nell'immagine anche altre informazioni: quelle sempre maggiormente evidenti sono per esempio le scie de fari delle automobili che ne indicano i flussi di movimento.

Nel caso della fotografia pubblicata, il movimento (credo della fotocamera in questo caso) restituisce quell'aspetto "astratto" dell'immagine che l'osservatore all'interno di un paesaggio, concentrato sulle caratteristiche del territorio, finisce per non considerare: la relazione tra le linee, tra i colori e le superfici, ecc.

Marco Izzolino

* Ringrazio vivamente Giovanni Fontana, che ha compiuto approfonditi studi sul fotodinamismo e sulla ricerca di Anton Giulo Bragaglia, per avermi segnalato alcune mie imprecisioni nella prima versione di questo articolo. Sulla scorta delle molte richieste di approfondimento pervenutemi dagli utenti segnalo l'articolo pubblicato da Fontana sulla rivista www.photographer.it":

http://www.photographers.it/articoli/bragaglia1.htm


INVITO
Tutti gli utenti sono invitati a partecipare inviando un'immagine. Qui le indicazioni per partecipare alla Sfida: http://www.undo.net/it/my/gdev/124/251